La Lanterna del Popolo

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Schiaffone a Ministero e Prefettura:

Lanzilotti e Leoci trionfano ancora

La Corte di Appello ribadisce la candidabilità: trionfo della giustizia e sconfitta della verità? ... o viceversa?

 

© - La Lanterna del Popolo (2024)

di Domenico Basile

Il 2024 si apre con sorrisi a 64 denti per il Sindaco Massimo Lanzilotti e il suo compagno di sventure giudiziarie, il Presidente Francesco Leoci.

E ne hanno tutte le ragioni, dato che la tanto attesa pronuncia della Corte di Appello di Lecce è giunta a sancire, definitivamente per chi avesse avuto ancora qualche dubbio o nutrisse qualche vana speranza, la loro candidabilità.

Insomma, non solo come ebbe a dire il Sindaco Massimo Lanzilotti: "Dovrete tenermi tra i piedi per i prossimi 5 anni", ma con buone, anzi ottime probabilità, i suoi detrattori potrebbero rischiare di doverlo tenere tra i piedi per i prossimi 10 anni, dal momento che non vi è nessun impedimento legale gli impedisca di ottenere il secondo mandato consecutivo, così come è innegabile che gli stessi godano di un'alta credibilità popolare, e non certo per meriti propri, ma per demeriti e mancanza di coesione da parte del centro destra carovignese.

I protagonisti della vicenda hanno così commentato la notizia.

"Anche per la Corte di Appello siamo candidabili.

E' questa la pronuncia di una nuova sentenza a nostro favore, la terza, che rigetta il ricorso del Ministero dell'Interno. E' questa l'ennesima dimostrazione che ciò che è accaduto a Carovigno non doveva accadere.

Candidabili in realtà già lo eravamo e non possiamo che ringraziare ancora e sempre i cittadini che hanno creduto in noi e ci hanno dato la possibilità di essere rieletti ... E' stato un periodo difficile che ha segnato le nostre vite ma speriamo che possa essere di esempio".

Sempre molto "piccanti" i nostri amministratori, forse anche un po' troppo gasati, ma la notizia merita la concessione di qualche piccola licenza poetica.

In effetti l'euforia è legittima pensando che importanti enti istituzionali come il Ministero dell'Interno, la Prefettura di Brindisi, la Procura della Repubblica e la Direzione Investigativa Antimafia abbiano incassato l'ennesimo schiaffone morale e giuridico a suon di carte bollate.

Fa impressione pensare come i 2 più importanti amministratori della Città della Nzegna siano stati capaci di sovvertire l'andamento della vicenda giudiziaria e l'esito di una sentenza che pareva già scritta in partenza.

Come abbiamo più volte ribadito siamo certi che Massimo Lanzilotti e il fido Francesco Leoci non siano dei mafiosi e dal punto di vista umano siamo felici per loro che la vicenda si sia conclusa con un nulla di fatto.

D'altronde abbiamo più volte detto anche che le sentenze si rispettano, ma ciò non significa necessariamente che debbano essere condivise.

Consentiteci quindi un breve, ma doveroso, momento di riflessione collettiva.

Siamo tutti d'accordo sul fatto che quanto è accaduto a Carovigno non doveva accadere, come dice il Sindaco, ma non ci riferiamo allo scioglimento, bensì ai fatti che hanno portato allo scioglimento per infiltrazione mafiosa, fatti registrati e trascritti, che nessuna sentenza, neppure se emanata dalla "Corte Celeste" potrà mai essere cancellata o ridotta a semplice "marachella" di paese.

L'assoluzione totale, nonostante fatti così gravi e conclamati, non fa che gettare un'ombra su possibili pressioni esterne sulla magistratura che, con le sue sentenze, ha svilito e mortificato il lavoro di fedeli servitori dello Stato.

Già perchè con questa sentenza lo Stato ha perso ... e lo Stato siamo noi!

Questa sentenza quindi è il trionfo della verità e la sconfitta della giustizia?

Oppure rappresenta il trionfo della giustizia e la sconfitta della verità?

La verità quindi è emersa? Giustizia è stata fatta o è stata solo amministrata?

La verità è quella che ci è stata servita, o è un'altra, magari inconfessabile?

La giustizia quindi è giusta o ingiusta? Verità e giustizia possono coesistere?

Sono tante le domande che ci vengono in mente, di molte conosciamo la risposta, spesso impronunciabile, per altre una risposta non ci sarà mai.

Certamente i nostri "beniamini" si sono salvati da questa brutta situazione, sebbene la loro esperienza non è nulla vicino a quella che ha dovuto vivere un beniamino vero, come Beniamino Zuncheddu, il pastore sardo che è stato assolto dopo ben 33 anni di carcere "perchè il fatto non sussiste".

La sua si che è stata davvero la fine di un incubo, anzi, molto di più.

Speriamo quindi che quanto loro accaduto possa davvero essere di esempio per tutta la città, ma soprattutto possa essere per loro un chiaro esempio di come un amministratore possa scivolare su una buccia di banana, e di come non ci si debba comportare per poter essere davvero un buon amministratore.