La Lanterna del Popolo

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Carovigno saluta "Seppu" De Cillis

istrionico, unico e fuori dagli schemi

L'uomo sulla pipa che si allenava sulla neve ci ha lasciati, ma di lui conserveremo il perenne ricordo

 

© - La Lanterna del Popolo (2025)

di Domenico Basile

Il mese scorso è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari Giuseppe De Cillis, per l’intera comunità Seppu, per molti Seppu “Lu pacciu”, per via della sua umana singolarità che l’ha reso senz’ombra di dubbio un personaggio iconico di questo paese al pari di Annina Punzi, per molti Annina “La Paccia”, anch’essa scomparsa diversi anni addietro.
Entrambi sono stati definiti pazzi dalla comunità carovignese, ma in realtà la loro non era pazzia.
Semmai erano due persone che vivevano la vita in maniera diversa, secondo un loro personale punto di vista, decisamente differente rispetto al modo di vivere della cosiddetta gente comune.
Particolarità che si esprimevano in modo diversa: parlando soltanto in rima come faceva Annina, o fumando e facendo cose bizzarre come Seppu.
Se provavi a chiedere a Seppu di donarti una delle sue proprietà immobiliari ti rispondeva: “Non si regala niente a nessuno”, sintomo e conferma che poi così pazzo non era, anzi.
Forse di fronte a questo pazzo mondo in perpetuo cambiamento, non sempre verso una condivisibile direzione, Seppu aveva fatto le sue scelte, forse un po’ drastiche, ma che in fondo lo facevano sentire bene con se stesso.
Ancora oggi c’è chi si chiede come abbia fatto a raggiungere la ragguardevole età di 87 anni con la quantità industriale di tabacco che ha respirato a pieni polmoni nella sua lunga vita.
Fumava una quantità abnorme di sigarette alle quali associava spesso la pipa in egual misura.
Era un tabagista incallito, ma era il suo modo per sfogare la sua rabbia, il suo disappunto verso questo mondo che va alla rovescia.
Seppu era solito sedersi fuori casa o di fronte a casa all’angolo della Scuola Nicola Brandi, dove era solito fumare e fermare le persone che passavano per dispensare il suo pensiero.
Ogni evento quotidiano nazionale o locale veniva da lui compreso, analizzato e commentato, giungendo ad una sua personale conclusione, e questo diveniva il suo pensiero del giorno.
Spesso anche se andavi di fretta, lui ti faceva cenno con la mano di avvicinarti perché aveva qualcosa da comunicarti con impazienza, e non potevi sottrarti a questo tipico rituale.
Come non ricordarlo quando allevò 3 innocui e mansueti cani randagi a cui con la sua sagace ironia diede il nome di Carlo, Diana e Benito, e che vennero sottratti al suo affetto da un brutale intervento dell’accalappiacani.
Come non ricordarlo quando fece sistemare le chianche sul lastrico di casa sua con la vernice rossa ed osservando le colature e la statua di Gesù Cristo che campeggia sul suo tetto diceva: “Cristo sta sanguinando”.
Come non ricordarlo quando andava a farsi fare la barba dal barbiere e si divertiva a farlo impazzire, toccandosi il viso più e più volte per farsi ripassare il rasoio, ripetendo la scenetta e mettendo a dura prova la pazienza del buon artigiano.
Come non ricordarlo quando in seguito ad una copiosa nevicata invernale, mentre tutti stavano avvolti da sciarpe e cappotti, si mise sulla sua sedia a torso nudo e in pantaloncini a raccogliere tutti i raggi del sole che battevano proprio di fronte a lui, suscitando la sorpresa e l’ilarità dei passanti.
Come non ricordarlo quando nelle lunghe e assolate giornate estive decideva di farsi una passeggiata, e così tutto nudo e vestito solo di un paio di pantaloncini corti si avviava in Piazza Nzegna con un cappello di paglia a larga tesa ed un ombrellino rosso scarlatto che lo si poteva scorgere lontano un miglio.
Era un uomo di poche parole, ma le poche che proferiva erano delle vere e proprie sentenze, quasi delle massime giurisprudenziali.
In questo mondo fatto di stranezze e sempre maggiori eccessi ha vissuto fino all'ultimo come ha potuto, ma soprattutto come ha voluto, innalzando una barriera invisibile tra se e il mondo reale, mantenendosi sempre lontano dal pensiero comune e dalle convenzioni sociali.
Potremmo sempre pensare che fosse il pazzo del villaggio, ma siamo sicuri che le cose stiano così?
Non saremo forse noi i pazzi, quelli che corrono per andare a lavorare, quelli che vanno sempre di fretta, quelli che non si fermano mai un attimo per riflettere con calma?
Non sarà stato forse, Seppu, troppo avanti rispetto a noi per poter essere compreso?
Ciò che è certo è che Seppu De Cillis è entrato di diritto nella storia cittadina e nella memoria collettiva di questo paese come personaggio unico e istrionico, decisamente fuori dagli schemi.
Possa ora riposare in pace e fumare beatamente il "tabacco degli dei" nei verdi pascoli.