La Lanterna del Popolo

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Estate Carovignese deludente tra super

luminarie e illusioni di sviluppo turistico

Centinaia di migliaia di euro incassati tramite l'Imposta di Soggiorno, ma l'Estate Carovignese non decolla

 

© - La Lanterna del Popolo (2025)

di Domenico Basile

Come ogni anno, con l’arrivo della stagione estiva, anche a Carovigno torna puntualmente l’Estate Carovignese, il calendario ufficiale di eventi, spettacoli e appuntamenti che dovrebbero animare le serate di questo comune a vocazione turistica.

Le aspettative, come sempre, sono molto alte.

Il turismo rappresenta infatti una delle principali risorse economiche del territorio, ed ogni estate è vissuta dalla comunità come un’opportunità per far emergere la bellezza, la cultura e le tradizioni locali, ma anche quest’anno, al di là degli annunci e delle promesse, la realtà dei fatti appare molto diversa.

Il tanto atteso calendario estivo si è rivelato, ancora una volta, scarno, debole, deludente.

Pochi gli appuntamenti degni di nota, scarsa la qualità delle proposte, quasi assente il coinvolgimento di realtà artistiche e culturali capaci di attrarre visitatori e valorizzare adeguatamente il territorio.

Non si tratta semplicemente di gusti personali.

La programmazione dell’Estate Carovignese 2025 manca di visione, coerenza e appeal.

Non esiste un filo conduttore, non c’è un’identità riconoscibile, non si intravede alcuna strategia turistica capace di competere con i comuni limitrofi.

Eppure, le risorse economiche ci sarebbero. Basti pensare che, secondo i dati diffusi da fonti istituzionali, Carovigno incassa circa 450.000 euro di imposta di soggiorno, una cifra non irrilevante che – per legge – dovrebbe essere reinvestita in servizi per i turisti e per la promozione del territorio.

Dove finiscono oggi questi soldi?

E’ una domanda che molti iniziano a porsi, con crescente perplessità e amarezza.

Una parte di questi fondi è stata destinata, a quanto pare, all’installazione di avveniristiche luminarie nel cuore del paese.

In particolare, Piazza 'Nzegna, il centro simbolico della comunità carovignese, è stata dotata di un imponente sistema di illuminazione decorativa, acceso per tutta la notte.

Luci intense, scenografiche, che trasformano la piazza in uno spazio illuminato a giorno anche nelle ore più profonde della notte, perfino quando la piazza è completamente deserta e la città dorme, una scelta che ha suscitato non poche polemiche.

In un periodo storico in cui si parla ovunque di risparmio energetico, sostenibilità ambientale e responsabilità nella gestione della spesa pubblica, illuminare a giorno una piazza vuota ogni notte appare quantomeno discutibile.

Il consumo energetico è notevole, il dispendio economico evidente.

E quale sarebbe il ritorno per il turismo?

Minimo, se non addirittura nullo.

A Carovigno sembra essersi consolidata una filosofia dell’apparenza, dove il decoro visivo – purché spettacolare – viene privilegiato rispetto alla sostanza e ai contenuti.

Le luminarie fanno certamente scena, attirano lo sguardo, riempiono le fotografie, ma non portano turismo qualificato, non fidelizzano i visitatori, non valorizzano le eccellenze locali.

Un evento ben organizzato, con artisti di qualità, magari in grado di richiamare pubblico anche da fuori regione, avrebbe un impatto ben diverso: alberghi pieni, ristoranti e bar attivi, commercio vivo, visibilità mediatica.

Abbiamo quindi luci belle, ma spente di senso.

E’ questo il paradosso che oggi accompagna l’estate carovignese.

Mentre si spendono migliaia di euro per installazioni luminose, il calendario eventi si impoverisce, l’offerta culturale si svuota, e il paese perde lentamente attrattività.

E’ come voler vendere un prodotto senza curarne il contenuto, puntando solo sul packaging, ma nel turismo, come nella vita, non basta brillare: bisogna saper coinvolgere, emozionare, lasciare un ricordo.

Va detto che ogni amministrazione ha il diritto di scegliere le proprie strategie di sviluppo.

C’è chi crede nelle grandi infrastrutture, chi nei piccoli eventi locali, chi nella bellezza estetica.

Ma quando le scelte pubbliche non producono benefici tangibili per la comunità, quando le risorse vengono utilizzate senza trasparenza e senza visione, allora è lecito – anzi doveroso – sollevare dubbi legittimi.

La comunità carovignese non è cieca, né sorda.

I cittadini vedono, osservano, confrontano con altri comuni e si chiedono: perché da noi no?

Perché in altri paesi si riesce a organizzare festival di musica, rassegne teatrali, mercatini artigianali, eventi gastronomici, mostre fotografiche, rievocazioni storiche?

Perché altrove si punta sul coinvolgimento delle associazioni locali, dei giovani, degli artisti del territorio, mentre qui tutto si riduce ad un paio di serate musicali e qualche luminaria?

Il turismo non si improvvisa.

E’ il frutto di un lavoro di rete, di una strategia coerente, di una promozione mirata.

Significa creare esperienze, offrire contenuti autentici, costruire una reputazione.

Significa investire nei servizi, nella formazione, nell’accoglienza, significa ascoltare chi vive e lavora nel settore, valorizzare le risorse umane e ambientali del territorio, creare valore aggiunto per tutta la comunità.

Invece a Carovigno si continua a camminare al buio, o meglio, sotto le luci di un’illuminazione scenica che – seppur splendente – non riesce a nascondere la povertà di idee e di visione.

E questo, a lungo andare, non fa solo male all’immagine del paese: fa male al cuore, come dicono tanti cittadini delusi, fa male a chi ama questo territorio e vorrebbe vederlo crescere davvero, con dignità e intelligenza.

Il turismo non è un effetto collaterale dell’estate, ma una scelta politica, e se non si sceglie di investire nel modo giusto, si continueranno a pagare imposte di soggiorno senza soggiorni degni di questo nome, e bollette luminose senza alcuna vera luce per il futuro.